Ex SNIA: il giardino tra i relitti di cemento

Sulle cartine è indicato come “Parco delle Energie” ma, per gli abitanti del Pigneto-Prenestino e di Casalbertone, il triangolo di verde circondato da scheletri di cemento è solo l’ex SNIA: quella che un tempo era una fabbrica e che negli anni è diventata il polmone di un quartiere ad altissima densità abitativa e privo di parchi. Una piccola oasi tra i palazzoni popolari, strappata con la tenacia dei cittadini dalle mani della speculazione edilizia.

“L’attaccamento del quartiere al parco è straordinaria – ha raccontato il presidente del Municipio VI Giammarco Palmieri – perché la sua creazione è stata vissuta come un atto di giustizia sociale, contro la speculazione”.

Un parco giochi, uno spazio polifunzionale e un campo per fare sport, in uno spicchio di quella che era l’area della fabbrica: per ora è tutto qui lo spazio fruibile per i cittadini. Ma le rivendicazioni sono ancora molte, a partire dall’estensione del parco al laghetto Pertini, balzato agli onori delle cronache negli scorsi mesi ma da più di vent’anni gioiello sconosciuto ai più, nato da un errore edilizio e incastonato tra le macerie della ex fabbrica.

“L’area ex SNIA rappresenta la grande incompiuta di questo quadrante di città – ha spiegato il vicepresidente del Consiglio Regionale Massimiliano Valeriani, consigliere comunale a Roma durante la precedente amministrazione Alemanno – una sua totale riqualificazione avrebbe permesso il rilancio economico ma soprattutto identitario di un quartiere cresciuto enormemente in questi anni”.

STORIA – Tutto inizia con 14 ettari di terreno, un triangolo incastrato tra via Prenestina e via di Portonaccio, con alle spalle la stazione dei treni, dove sostano i vagoni notte e passa la linea Roma-Pescara. In quello che oggi è il cuore del quartiere residenziale del Pigneto-Prenestino, a pochi passi dallo snodo centrale di Porta Maggiore, negli anni Venti sorgevano gli stabilimenti della storica fabbrica SNIA Viscosa, che per tutta la prima metà del Novecento produsse un tipo di seta artificiale, il rayon, attraverso la raffinazione chimica della cellulosa.

Durante la seconda guerra mondiale, alla SNIA si tessevano tende, divise e zaini per i soldati al fronte, e sotto la fabbrica era stato costruito il rifugio antiaereo del quartiere.
La crisi del chimico italiano, però, portò alla dismissione della SNIA nel 1955: un abbandono vero e proprio dei capannoni e degli uffici, che rimasero nascosti dietro il muro di cinta, lasciando che la vegetazione si riprendesse il suo spazio.

Quei 14 ettari però facevano gola a molti, soprattutto alla grande rete dei costruttori romani, che già a inizio degli anni Sessanta aveva iniziato a prendere possesso di Roma, a partire dalle periferie. Fu proprio in quel periodo che il quartiere del Pigneto e quello di Torpignattara, entrambi sviluppati nei quadrilateri intorno alla via Prenestina, crebbero fino a diventare oggi una delle zone a più alta densità abitativa d’Europa, con 124 mila abitanti.

Nonostante l’appetibilità dell’area dell’ormai ex SNIA – acquistata dal noto “palazzinaro” romano Antonio Pulcini – la speculazione edilizia non aveva potuto mettere mano alla cementificazione perché, nel 1965, venne varato il nuovo piano regolatore, il cosiddetto SDO dal Comune di Roma, guidato dal sindaco Nicola Signorello.

Lo SDO – Sistema Direzionale Orientale – oggi tramontato mito urbanistico di sviluppo territoriale della Capitale, programmava la crescita della parte sud-orientale della città, immaginandola come luogo di ministeri e di alcuni enti pubblici, che avrebbero dovuto lasciare le loro sedi del centro. Proprio lo SDO poneva sull’area ex SNIA un vincolo di destinazione all’edificazione di un ministero, impedendo di fatto che anche lì venissero costruiti palazzoni di edilizia popolare. Fino a fine anni Ottanta, dunque, i 14 ettari erano un quadratino rosa sulla mappa del piano regolatore, quando il rosa contrassegnava le aree destinate a SDO.

LA SPECULAZIONE EDILIZIA – Improvvisamente, a inizio anni Novanta, i cancelli dell’ex SNIA si sono spalancati alle ruspe e all’interno della fabbrica è iniziato un enorme cantiere. Alla base, il progetto di edificazione di un centro commerciale di sei piani e della palazzina della ASL. Il costruttore era lo stesso Antonio Pulcini, proprietario del terreno.
Ma come è stato possibile, se da piano regolatore l’area era rosa significava vincolo di destinazione a ministero? Semplice, sulle carte del documento quel rosa acceso sul triangolo di 14 ettari era diventato di un azzurro chiaro. Azzurro chiaro nella legenda significava servizi, e il supermercato e la sede della ASL rientrano proprio nella categoria “servizi”.
Il progetto, per fortuna, non bastava: se con quello – a cui, si scoprirà, mancavano i permessi – si poteva costruire, ma non certo abbattere l’esistente. I lavori cominciarono senza che la vecchia fabbrica venisse demolita, e le ruspe scavarono per ben 10 metri di profondità, nelle aree non occupate dai capannoni, per costruire dei parcheggi interrati.
Era appena iniziata la costruzione dell’edificio, quando improvvisamente lo scavo si è allagato di acqua frizzante: le escavatrici avevano scavato fino a trovare la falda acquifera storica dell’Acqua Vergine, che attraversa la zona di Roma est: quella dell’acqua bullicante da cui prende il nome anche una via nelle vicinanze. Nel 1994 l’acqua sommergeva completamente la zona del cantiere, allagando i due piani già costruiti e bloccando i lavori.

IL LAGO: profondo circa 6 metri e balneabile, il laghetto della ex SNIA intitolato al Presidente della Repubblica Sandro Pertini è stato oggetto di infinite dispute tra i comitati per la salvaguardia dell’area e il proprietario Antonio Pulcini. I primi sostengono che l’area sia balneabile e che abbia dato vita ad un biotopo da preservare, il secondo invece ha sempre opposto che l’acqua in realtà viene da una condotta fognaria e che il lago va prosciugato e coperto. Oggi una parte del lago rientra nell’area espropriata dal Comune, ma è ancora inaccessibile ai cittadini.

LE INCHIESTE: Quel cambio di colore sospetto da rosa a blu sul piano regolatore, però, non è passato inosservato e la magistratura, nei primi anni Novanta, apriva un fascicolo per la fraudolenta modifica: l’indagine portava all’arresto degli ingegneri che avevano firmato il progetto di Pulcini ed anche al rinvio a giudizio dello stesso costruttore, poi assolto.
Così, nel 1993 – anno del passaggio di consegne tra il sindaco uscente Franco Carraro e Francesco Rutelli – la neo amministrazione di centro-sinistra espropriava d’urgenza a Pulcini tre capannoni e apriva per la prima volta agli abitanti del quartiere il parco dell’ex SNIA, creando quello che oggi si chiama Parco delle Energie, la prima area verde del quartiere.
L’area del parco, in realtà, si estende solo per 2,5 dei 14 ettari di terreno della fabbrica, quelli che confinano con la stazione dei treni Prenestina, e non comprende il laghetto né i dodici capannoni fatiscenti della SNIA, che rimangono nel più completo abbandono.
Nel frattempo, nel 1994 l’allora assessore all’urbanistica della giunta Rutelli Walter Tocci annuncia il definitivo tramonto dell’ipotesi SDO. I ministeri non si trasferiranno mai nel quadrante orientale della città e il nuovo piano regolatore vincola l’area ex SNIA a zona per servizi.
L’area viene comunque espropriata dal Comune di Roma, ma non interamente: solo la parte in cui sorge il lago fino a via di Portonaccio, lasciando di proprietà privata solo i capannoni,  destinati a diventare – mediante accordo tra proprietario  e l’università della Sapienza – il nuovo polo universitario tecnologico.

continua a leggere su La Stampa

***