Un assassino coi guanti di pelle, sangue e tre note. Questi gli ingredienti di un film cult, che a quarant’anni dall’uscita continua a terrorizzare lo spettatore. Profondo Rosso è la pellicola più famosa del regista romano Dario Argento: uscita nelle sale il 7 marzo 1975, è diventata immediatamente un successo sia in Italia che in America.
Un capolavoro del cinema di genere ma – attenzione – non un film horror: Profondo Rosso è il capostipite del thriller violento all’italiana. “é il film più completo di Argento, perchè contiene gli elementi del giallo, mischiati con la violenza e l’ironia del western di Sergio Leone, di cui è stato aiuto regista”, ha spiegato Luigi Cozzi, regista e amico personale di Argento, autore del saggio “Profondo Argento”.
Per celebrare il quarantennale della pellicola, il Torino Film Festival la ha rimasterizzata e restaurata, lavorando soprattutto per restituire densità ai colori, per offrire agli spettatori del nuovo millennio tutto il brivido immaginato dal regista.
Profondo Rosso è un film che in quarant’anni non ha ancora perso la sua modernità, fatta di unacolonna sonora trascinante e di una regia fuori dagli schemi, capace di giocare con gli stereotipi del genere. Il suo paradigma fatto di sangue, efferati omicidi e rock è diventato il marchio di fabbrica del regista, riconosciuto e copiato in tutto il mondo.
La trama è un classico del giallo: il protagonista Mark, un musicista jazz, assiste all’omicidio di una famosa medium e inizia a collaborare con una affascinante reporter per trovare il killer. La curiosità, però, metterà in pericolo le loro vite: l’assassino, infatti, è disposto a uccidere ancora, per tenere sepolto l’oscuro segreto che lo porta a commettere i suoi delitti.
I LUOGHI – Non solo Torino, che ha prestato al film la location suggestiva della piazza CLN e Villa Scott, ribattezzata per le riprese la Villa del Bambino Urlante. Anche Roma, città natale del regista, ha ospitato il set: negli studi di posa di via Tiburtina sono stati ricostruiti gli interni, mentre le scene in biblioteca sono state girate al Museo delle Arti e dei Mestieri dell’Eur. La sala prove della band jazz del protagonista, invece, è il mausoleo di Santa Costanza, lungo la via Nomentana.
Il film, però, non dà alcuna coordinata geografica: la città in cui si muovono i personaggi di Profondo Rosso è un luogo quasi onirico, fatto di ville liberty e piazze deserte, poco “italiano” e pensato per togliere riferimenti allo spettatore.
LA COLONNA SONORA – Per il suo film, Dario Argento sognava gli affermati Deep Purple ma la Cinevox di Carlo Bixio gli presentò i semi-esordienti Goblin.
Reduce dalle esperienze accanto ad Ennio Morricone, autore di partiture dissonanti per la cosiddettatrilogia degli animali (i primi tre film di Argento, “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Il gatto a nove code” e “Quattro mosche di velluto grigio”), il regista dava grande importanza alla colonna sonora, fino a farla diventare protagonista assoluta (a tutto volume) di alcune scene dei suoi film.
“La tigre dai denti a sciabola” (il primo titolo pensato per “Profondo Rosso”), avrebbe dovuto essere musicato da Giorgio Gaslini, ma le strade artistiche di Argento e del jazzista si separarono a causa di divergenze sulla scelta dei suoni. Secondo il regista, era necessaria un’iniezione di modernitàper supportare le sequenze più violente e per dare la giusta suspance a quelle più enigmatiche.
Profondo Rosso e la musica dei Goblin hanno formato un’equazione perfetta, un tutt’uno indissolubile. Dario Argento e i Goblin sono stati un binomio perfetto, continuato anche in “Suspiria” (1977) e “Zombie” (1978) di George Romero, di cui Argento fu sceneggiatore.
Claudio Simonetti alle tastiere, Massimo Modante alla chitarra, Fabio Pignatelli al basso eWalter Martino alla batteria: questa è la formazione dei Goblin che, con il contributo dei fratelli Agostino e Antonio Marangolo, è passata alla storia per la colonna sonora di Profondo Rosso. Indimenticabile è rimasto il tema principale, basato su un ossessivo arpeggio protratto per quattro movimenti, fino alla conclusione classicheggiante con l’organo da chiesa.
Diventerà disco di platino, e per 52 settimane al primo posto nelle vendite dei quarantacinque giri e dei long playing in Italia. Un successo dovuto alla solidità di tutte le tracce, a partire da Death Dies e Mad Puppet, che musicano rispettivamente gli omicidi e la ricerca di indizi da parte del protagonista del film, Mark.