Il tribunale è un mondo parallelo governato da regole proprie. E i profani che entrano si riconoscono immediatamente dallo sguardo spaesato davanti all’enorme cartello che indica la distribuzione degli uffici. Gli altri – giudici, cancellieri, avvocati e praticanti – si muovono invece di corsa, infilandosi nei corridoi laterali, perfettamente a loro agio nel superare le file che ingorgano il passaggio.
La prima cosa che colpisce è il frastuono. Entrare al tribunale civile di Roma, il più grande d’Europa, significa inserirsi in un flusso infinito di borse, fascicoli e valige, che si disperdono nei mille corridoi dei due edifici speculari di viale Giulio Cesare.
Prima ancora, vuol dire districarsi nel traffico nervoso che intasa le vie limitrofe del quartiere Prati, le macchine in doppia fila e gli autobus che cercano di passare, e la distesa di motorini dei fortunati che si spostano sulle due ruote.
Sono quasi ventiseimila i professionisti romani, a cui si aggiungono più di diecimila praticanti, e tutti passano per i lunghi corridoi del tribunale civile. Tredici sezioni ordinarie e quattro per il rito del lavoro, 379 magistrati ordinari e 82 Got, i giudici onorari. Un tribunale endemicamente sotto organico, che a fine 2013 contava circa 167mila procedimenti pendenti, di cui il 16% da più di tre anni.
“Per la prima volta il numero di cause civili pendenti in Italia è sceso sotto i 5 milioni e credo che nei prossimi mesi calerà ancora fino a 4 milioni e mezzo. Dobbiamo proseguire sulla strada del processo telematico”. È il bilancio che il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha promesso un investimento da 250 milioni di euro in tre anni per il personale.
“Sarebbe sufficiente, anziché andare per l’ennesima volta alla fallace ricerca del ‘coniglio bianco da estrarre dal cilindro’, coprire i posti in organico. Ad oggi la scopertura dei magistrati è di 1.081 unità (pari all’11,12%) e la scopertura del personale ausiliario, in primo luogo i cancellieri, è decisamente superior”, ha detto il presidente delle Camere Civili Renzo Menoni, al convegno di presentazione del Quarto Rapporto sulla Giustizia civile in Italia. In altre parole, per ridurre l’arretrato delle cause civili non serve l’ennesima riforma della giustizia, basta assumere nuovo personale.
Una verità che ogni operatore del diritto conosce, ma anche un problema che ha progressivamente modificato il modo di lavorare di tutti. Accanto alla macchina istituzionale ufficiale, infatti, si affiancano alcune prassi non scritte, che organizzano il lavoro e in modo da aggirare le disfuzioni del meccanismo ufficiale.
La prima regola da imparare sono gli orari: il tribunale apre alle 8 del mattino, le cancellerie dove depositare gli atti e ritirare le copie alle 9, ma per alcuni il lavoro inizia prima.
“Ma a che ora è arrivata lei, per avere il numero 15? Io ero qui alle 9 in punto ed ero già quarantesima!” chiede una signora, seduta in una delle poche sedie a disposizione, davanti alla cancelleria del giudice tutelare. “Le liste si scrivono prima che apra il tribunale, io sono arrivata poco prima delle 8”, spiega la sua vicina, in jeans e scarpe da ginnastica e con una cartella piena di atti.
Le cancellerie sono il terrore di ogni avvocato e praticante e le file possono far perdere intere mattinate se non si sa come gestirle. A Roma, moltissimi studi legali si affidano a cosiddette “agenzie per i servizi legali”, che si occupano di svolgere tutte le incombenze negli uffici del tribunale al posto degli avvocati. Esiste un tariffario preciso: 10 euro per le iscrizioni a ruolo delle cause al tribunale ordinario, 20 per la Corte d’Appello e la Cassazione; 25 euro invece per depositare gli atti alla cancelleria delle esecuzioni.
E, accanto alle agenzie, un sottobosco di lavoratori in nero si fanno pagare leggermente di meno per fare i cosiddetti “giri”, in proprio, disposti a presentarsi davanti al tribunale anche prima delle 7 pur di essere primi in lista.
LE CANCELLERIE – Gli impiegati di queste agenzie arrivano alle 7, davanti alle porte chiuse del tribunale e compilano le liste. Una per ogni cancelleria, indicata con il numero di stanza. I fogli, poi, vengono appesi fuori dalla stanza e fanno fede come elenco della giornata. Attenzione, però: alle 9 – orario di apertura – e alle 11 il cancelliere legge l’appello e chi non è presente viene cancellato. L’arte è sapere come muoversi da un ufficio all’altro, senza mai mancare agli appelli a cui si è iscritti.
Oggi, grazie al processo telematico che obbliga al deposito e alla consultazione degli atti di controparte attraverso un servizio multimediale, le file in moltissime sezioni si sono snellite. Il tutelare, per chi conosce bene la dinamica del tribunale, però, rimane l’ufficio più difficile: qui si chiedono le nomine di amministratori di sostegno, dei curatori e tutori, e si accettano le eredità e si chiedono autorizzazioni al giudice. Molti di questi atti, però, possono essere chiesti personalmente dalle parti, e quindi il processo telematico non è potuto entrare in funzione totalmente.
Alcuni giorni sono più sfortunati di altri, e le file si allungano. “Sono le 12 e hanno fatto solo quattordici persone – si lamenta un’avvocatessa, che guarda l’orologio per calcolare quanto ci metterà a raggiungere la sezione dove dovrà discutere una causa – la settimana scorsa ne smaltivano almeno una cinquantina al giorno”.
Un’ordinanza del presidente del tribunale ha previsto che la cancelleria chiuda tassativamente alle 12 e, dopo le 11, garantisce di svolgere al massimo altre cinque pratiche. “Io sono venuta perché mi hanno chiamato loro, e sono qui da tutta la mattina”, spiega una signora di mezza età, che si guarda attorno spaesata, incerta se andare via o rimanere.
L’ufficio accanto, quello in cui si ritirano le copie degli atti, invece, è più rapido e sta entrando l’avvocato segnato accanto al numero quaranta. Nella stanza si entra uno per volta e la porta è piantonata da chi viene dopo in lista, per evitare di venire depennati.
Il meccanismo delle liste fuori dalle porte del tribunale è invece vietato alla cancelleria delle notifiche, una delle poche dotata di contanumeri elettronico. Qui esiste una fila specifica per le agenzie: vengono distribuiti settanta numeri al giorno, dalle 9 alle 13. Gli avvocati invece possono ritirarne 120, che poco prima delle 11 del mattino sono di solito già esauriti. Appena fuori, un via-vai di trolley carichi di atti e fascicoli.
GLI AVVOCATI – “Devo andare alla Quarta sezione mobiliare”, chiede un avvocato al collega, “entrata Giulio Cesare 54 o 54b?”. Sono due portoncini speculari dei due edifici, distanti poco più di un centinaio di metri, e al 54 sono ospitate le sezioni Sesta e Settima civile e le Sezioni lavoro Terza e Quarta.
Accanto delle cancellerie, frequentate dai professionisti dei depositi, praticanti spediti ad “imparare il mestiere dal basso” ma anche avvocati, ci sono le aule delle udienze.
“Caffè e cornetto al sorcio?” chiede un avvocato ad un collega. Le udienze iniziano alle 9, ma il passaggio quasi obbligato per chi non deve andare prima in cancelleria è la colazione.
Il bar più vicino è all’incrocio tra via Lepanto e viale Giulio Cesare: l’insegna luminosa dice bar Lepanto, ma per tutto il tribunale è “il bar del sorcio”. Si entra a livello strada, ma si devono scendere tre gradini per arrivare al bancone ed ecco il soprannome: la tana del topo.
Gli avvocati anziani insegnano che le udienze bisogna “sentirle”. Significa sapere come muoversi, in base al giudice e al numero di avvocati che cercano la sua attenzione: sapere quante parole dire e come dirle, se basta scrivere il verbale o serve spiegare direttamente al giudice la propria posizione.
Nell’immaginario collettivo formato dai film americani, la stanza delle udienze è immancabilmente di legno di mogano e il giudice siede sullo scranno più alto. Al tribunale di Roma – come in ogni tribunale italiano – l’udienza si svolge nel’ufficio del giudice, che se ne sta seduto alla scrivania dietro un computer.
Su un tavolo, tutti i fascicoli delle udienze della giornata: a quello puntano gli avvocati, che tutti insieme si accalcano nell’ufficio perché alla stessa ora possono essere convocate anche una decina di udienze. Alcuni giudici chiamano ogni udienza individualmente, altri invece lasciano all’intraprendenza degli avvocati la decisione dell’ordine.
Gli avvocati più navigati si riconoscono immediatamente: sanno come muoversi e dove trovare i fogli “uso bollo” per il verbale, e spesso sono tallonati da praticanti con la penna in mano, pronti a scrivere sotto dettatura il verbale dell’udienza.
I PRATICANTI – Il mondo di mezzo, tra giudici e avvocati, è quello dei praticanti. In cancelleria, si riconoscono perché fanno la fila in giacca e cravatta o con i tacchi, invece che con le comode scarpe da ginnastica delle impiegate delle agenzie. In udienza, invece, hanno sempre il tesserino in mano per farsi inserire dal giudice nel verbale, per totalizzare il numero di udienze necessarie a completare la pratica. Come i propri avvocati, imparano presto le scorciatoie dell’enorme palazzo di giustizia, per passare da una sezione all’altra evitando i corridoi più affollati.
Il caos organizzato che regna ogni mattina in tribunale si spegne improvvisamente, all’una in punto. I corridoi si svuotano: è l’ora di chiusura degli uffici e solo qualche giudice fissa udienze dopo l’ora di pranzo.
Il rumore diminuisce, il parcheggio dei motorini si svuota e finalmente nelle vie limitrofe al tribunale si trova parcheggio. Il quartiere Prati si spopola, in attesa di una nuova mattina, che inizia al bar del sorcio oppure qualche ora prima, davanti alle porte ancora chiuse delle cancellerie.